Cesare e Iolanda Mazzetti sono gli eredi di una lunga tradizione familiare nella lavorazione del rame. Così Cesare racconta la storia di famiglia:
"Alla fine del 1800 mio nonno, non potendo più fare il contadino per una caduta da una quercia, tornò in paese ed essendo appassionato della lavorazione dei metalli, cominciò a battere il rame. Comprava il grezzo da una fonderia del Gran Sasso e modellava i paioli.
Poi acquistava vasellame, da finire, a Barga (Lucca) e le lucerne fiorentine a Firenze.
Mio nonno lavorava e mia nonna iniziò ad andare ai mercati per vendere i manufatti.
Andava a Chianciano, Pienza, Petroio, Torrita.
Avevano il calesse con cavallo.Poi, dopo diversi anni, furono i primi a Montepulciano ad acquistare un camioncino: il 101 Fiat.
L'autista si chiamava Lupo Remo Cozzi: è scomparso nel 2001 all'età di 100 anni!
Nel 1903 mio padre era ragazzetto e mia nonna lo mandò a imparare il lavoro di fino dal Mastro Ramaio "Ghiotto". Imparò con passione a fare brocche, pentole, padelle, vasellame, piatti artistici. Mia nonna pagava, al Mastro Ramaio, 10 soldi la settimana, per fargli imparare il mestiere di fino.
Nacque così la Rinomata Rameria Mazzetti.
Avevano la bottega in Via Garibaldi: sotto battevano il rame, e sopra esponevano e vendevano.
Aprirono poi una succursale di vendita a Chianciano, in Via Roma. Nel frattempo, il maestro di mio padre morì, e mio padre comprò tutti gli arnesi, i punzoni, le incudini, le forge, i torni, che risalivano al 1857. Ancora oggi li conservo gelosamente e ci lavoro il rame: è uno spettacolo vederli! Io ci ho imparato a fare i fiori, le foglie, ecc.
Ancora funzionante è la forgia a pedale, con la chiocciola per il vento: ottima per scaldare pezzi grossi. Nel 1929 mio padre sposò mia madre.
Seguirono anni dolorosi, in cui per molte traversie morirono i miei nonni e alcuni miei zii.
Rimasti soli mio padre e suo fratello, la rameria rallentò il lavoro. Però mio padre non si dette per vinto e continuò con il sostegno di mia madre a battere il rame.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, mio padre fu preso dai Fascisti e portato in giro per la Toscana a fare la "raccolta del rame per la Patria", perché in Italia non avevamo più miniere di rame e questo metallo era necessario per fare i proiettili. Ricordo che, quando tornava a casa, diceva: "Ogni colpo dato alla brocca, al paiolo, è come un colpo al mio cuore."
Mio fratello Bernardo è nato nel 1930, io nel 1936 e con mio fratello più grande eravamo sempre in bottega.
Non avendo più rame disponibile, facevamo gli stagnini. A 4 anni io ero addetto a far girare la forgia a pedale.
Facevamo la stagnatura delle pentole per gli alberghi di Chianciano. Poi anche questo lavoro diminuì, perché le pentole in rame venivano sostituite da quelle in alluminio.
Mio fratello andò a Firenze a fare il trasportatore e poi l'idraulico. Io rimasi con mio padre e si fece un po' di tutto: gli stagnini, gli elettricisti, gli idraulici; facevamo anche la zincatura delle casse da morto!
Al ritorno dal servizio militare, aprii una piccola azienda di idraulica.
Visto che il rame era nuovamente disponibile, mio padre riprese a fare il ramaio, e la sera mi chiedeva spesso di aiutarlo, perché aveva molti clienti, italiani e stranieri.
Nella mia attività mi capitò di fare molti lavori in rame: coperture di tetti per chiese e banche, fontane, cornici e boccalupi per ville della zona, cappe per ristoranti. La fama della nostra Rameria continuò a crescere, e attirò anche dei giornalisti.
Mi colpì la risposta che mio padre dette alla loro domanda: "Quando Beppe smetterà, chi continuerà?" Mio padre rispose: "Spero che mio figlio Cesare possa lasciare i suoi operai e tornare a battere il rame, come gli ho insegnato." Questo mi fece riflettere su quanto era forte il mio amore per il rame, per la bellezza di creare, modellare, cesellare.
Insieme a mia moglie, promisi quindi a mio padre che avremmo continuato la tradizione di famiglia.
Nel 1982 mio padre morì, ma noi aprimmo una piccola Bottega del Rame per i clienti italiani e per i turisti: è stato un successo!
Le richieste per i nostri prodotti artigianali di altissima qualità aumentarono, e dopo qualche anno io decisi di lasciare la mia azienda ai miei operai, e tornai a dedicarmi esclusivamente alla lavorazione del rame. Sono felice di averlo fatto, perché fare ciò che si ama fare, lavorando con passione e serietà, dà una grande soddisfazione: si vive sereni e si crea intorno a noi un grande amore, la dimensione vera della propria vita."